© dal 2007 - Comitato per la tutela dell'opera di ErnestoTreccani
Comitato per la tutela dell’opera di ERNESTO TRECCANI

Le opere

COLLEZIONE STUDIO TRECCANI

presso Fondazione Corrente via Carlo Porta 5 Milano tel. 026572627 La Fondazione è aperta ogni martedì, mercoledì e giovedì (9 - 12.30 / 15 - 18.30) ingresso libero INTRODUZIONE di Antonello Negri La collezione di dipinti, grafica e scultura conservata allo Studio Treccani, presso la Fondazione Corrente, documenta tutto il percorso figurativo dell'artista: dagli esordi - nel periodo di Corrente - fino agli anni del realismo e agli sviluppi successivi e più attuali, esemplificati da opere di intensa carica emotiva e gestuale per una figurazione sempre estremamente libera e lirica. La fase formativa, caratterizzata dall'amicizia con Birolli, Cassinari e Morlotti, è qui rappresentata da quattro dipinti dei primi anni Quaranta ("I tetti di Genova", "Ritratto di Carla", "Natura morta con bottiglia nera e verde", "La collina"), dove la ricerca di un linguaggio alternativo all'ufficialità novecentista si mostra già coscientemente sensibile al modello picassiano - ovvero all'organizzazione dell'immagine secondo una struttura neocubista - e, soprattutto, al recupero di quel naturalismo di tradizione lombarda che si sarebbe poi precisato come il filo conduttore della complessiva operatività dell'artista, in termini più o meno evidenti nelle diverse fasi della sua pittura. Quei primi dipinti dichiarano immediatamente gli interessi tematici di Treccani: il ritratto, il paesaggio o la veduta urbana e la natura morta (intesa come rappresentazione, messa in scena degli oggetti della vita quotidiana). La definizione di un "alfabeto degli oggetti" è stata d'altra parte uno dei problemi chiave della sua pittura "realista", dove la lezione delle avanguardie storiche francesi - fauves e cubisti - metteva a disposizione le nozioni di base attraverso le quali operare un radicale aggiornamento del linguaggio. Se il "Tegamino" del 1948 è un esemplare frammento di tale ricerca di messa a punto linguistica, "La lunga strada" del 1957 costituisce un compiuto saggio di quella pittura di contenuto perseguita a partire dagli ultimi anni Quaranta, in stretta e dialettica relazione con un impegno politico che allora spingeva Treccani, come altri artisti, al rapporto diretto con gli operai in lotta nel Nord industrializzato e con i braccianti che occupavano, per lavorarli, i latifondi del Sud. Cominciò allora l'esperienza di vita e di lavoro a Melissa, a quotidiano contatto con la gente e la cultura del piccolo centro calabrese, cui è da riferire una parte importante della sua opera. Gli anni a cavallo del 1950 sono però caratterizzati, e già in misura consistente, anche da una declinazione diversa del linguaggio realista: emerge e prende forma il gusto della narrazione favolistica e l'osservazione del dato oggettivo si lascia trasportare, conservando apparenti caratteri di realtà, nelle regioni dell'immaginato, dell'immaginario e del fantastico ("Vendemmia", 1951 e "Arlecchinata a Porta Volta", 1953). Il 1956 è un anno di svolta. La situazione politica internazionale (i fatti d'Ungheria in primo luogo) ha riflessi importanti sul lavoro degli artisti comunisti: l'impegno rimane ma cambia direzione, coincidendo, in Treccani, con una significativa trasformazione del linguaggio. Dall'epica di un realismo dagli accenti nazional-popolari si sviluppa una figurazione nuova che lascia margini assai più ampi alla riflessione esistenziale e intimista, riflettendo, ma in termini adesso ben più mediati, i problemi di una società che sta rapidamente cambiando ("Nella città", 1960). Progressivamente, la componente lirico-narrativa e fantastica prende il sopravvento, per esprimersi appieno in grandi dipinti come "L'ape regina" (1967-68), "L'amore gentile" (1972- 73) e "Metamorfosi" (1976), che si caratterizzano per la ripresa e la rielaborazione di temi già affrontati (il ritratto, il paesaggio, la natura morta) secondo modi ora accentuatamente visionari. "Un popolo di volti", dipinto nell'arco di sei anni tra 1969 e 1975, continua, d'altronde, la linea della pittura di impegno civile, adeguandola però a un'espressività quasi "caricata", ormai lontana dal realismo degli anni Cinquanta. Negli ultimi lavori citati, dipinti a olio, Treccani ha elaborato un'immagine di natura che è diventata una sorta di modello per la serie delle siepi, iniziate nei primi anni Settanta e per lo più dipinte con colori acrilici. Il riferimento alla tecnica usata è in questo caso importante, perché contribuisce a chiarire l'evoluzione verso una sorta di nuovo informale, fondato sulla concitazione esecutiva di una pittura fatta gesti veloci, concentrati, che trascrivono sulla tela un rapporto con la realtà fortemente orientato dalla condizione inferiore. In tali lavori l'artista esegue di getto, ormai a memoria, schemi formali e strutture lentamente precisati nei precedenti dipinti a olio (in certo senso come il musicista che ha costruito un brano dalle solide regole armoniche per poi eseguirlo secondo un'infinità di variazioni). L'acrilico, che asciuga in poco tempo e permette la rapida sovrapposizione degli interventi, senza alterazione dei valori cromatici, è la condizione tecnica di tale pittura, che sempre più assume i caratteri di una vera e propria scrittura per immagini. Un nucleo di 179 opere grafiche (164 disegni e 15 incisioni) costituisce un supporto insostituibile per una corretta lettura degli stessi dipinti, per l'individuazione di temi e di soggetti ricorrenti e per la ricostruzione dei concreti processi di elaborazione formale dell'immagine. Anche la raccolta dei disegni copre esaurientemente l'intero arco dell'attività dell'artista, a partire dalle "Maternità" del 1944 e da uno scelto nucleo di disegni di Melissa dei primi anni Cinquanta, per concludersi con un consistente gruppo di studi recentissimi. In relazione al disegno - di cui per certi aspetti condivide i modi esecutivi, legati alla rapidità quasi automatica del gesto - deve essere considerata la scultura, qui rappresentata da 14 pezzi (in bronzo e in ceramica) tra i quali vanno annoverati lavori importanti e impegnativi come "Giulio", del 1948, e "La madre", del 1974-75. E ancora si ripropone, accanto al carattere immediatezza espressiva specifico della sua plastica, quella sostanziale fedeltà a una linea di incantato naturalismo che costituisce il dato di fondo, unificante, di tutto il lavoro artistico di Treccani. (dal Catalogo della Collezione Studio Treccani)
Lo studio di  Gropparello nel 1964 Nello studio di Milano nel 1970 con Theodorakis In conversazione con gli studenti di una scuola nel 1990
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presso Fondazione Corrente via Carlo Porta 5 Milano tel. 026572627 La Fondazione è aperta ogni martedì, mercoledì e giovedì (9 - 12.30 / 15 - 18.30) ingresso libero INTRODUZIONE di Antonello Negri La collezione di dipinti, grafica e scultura conservata allo Studio Treccani, presso la Fondazione Corrente, documenta tutto il percorso figurativo dell'artista: dagli esordi - nel periodo di Corrente - fino agli anni del realismo e agli sviluppi successivi e più attuali, esemplificati da opere di intensa carica emotiva e gestuale per una figurazione sempre estremamente libera e lirica. La fase formativa, caratterizzata dall'amicizia con Birolli, Cassinari e Morlotti, è qui rappresentata da quattro dipinti dei primi anni Quaranta ("I tetti di Genova", "Ritratto di Carla", "Natura morta con bottiglia nera e verde", "La collina"), dove la ricerca di un linguaggio alternativo all'ufficialità novecentista si mostra già coscientemente sensibile al modello picassiano - ovvero all'organizzazione dell'immagine secondo una struttura neocubista - e, soprattutto, al recupero di quel naturalismo di tradizione lombarda che si sarebbe poi precisato come il filo conduttore della complessiva operatività dell'artista, in termini più o meno evidenti nelle diverse fasi della sua pittura. Quei primi dipinti dichiarano immediatamente gli interessi tematici di Treccani: il ritratto, il paesaggio o la veduta urbana e la natura morta (intesa come rappresentazione, messa in scena degli oggetti della vita quotidiana). La definizione di un "alfabeto degli oggetti" è stata d'altra parte uno dei problemi chiave della sua pittura "realista", dove la lezione delle avanguardie storiche francesi - fauves e cubisti - metteva a disposizione le nozioni di base attraverso le quali operare un radicale aggiornamento del linguaggio. Se il "Tegamino" del 1948 è un esemplare frammento di tale ricerca di messa a punto linguistica, "La lunga strada" del 1957 costituisce un compiuto saggio di quella pittura di contenuto perseguita a partire dagli ultimi anni Quaranta, in stretta e dialettica relazione con un impegno politico che allora spingeva Treccani, come altri artisti, al rapporto diretto con gli operai in lotta nel Nord industrializzato e con i braccianti che occupavano, per lavorarli, i latifondi del Sud. Cominciò allora l'esperienza di vita e di lavoro a Melissa, a quotidiano contatto con la gente e la cultura del piccolo centro calabrese, cui è da riferire una parte importante della sua opera. Gli anni a cavallo del 1950 sono però caratterizzati, e già in misura consistente, anche da una declinazione diversa del linguaggio realista: emerge e prende forma il gusto della narrazione favolistica e l'osservazione del dato oggettivo si lascia trasportare, conservando apparenti caratteri di realtà, nelle regioni dell'immaginato, dell'immaginario e del fantastico ("Vendemmia", 1951 e "Arlecchinata a Porta Volta", 1953). Il 1956 è un anno di svolta. La situazione politica internazionale (i fatti d'Ungheria in primo luogo) ha riflessi importanti sul lavoro degli artisti comunisti: l'impegno rimane ma cambia direzione, coincidendo, in Treccani, con una significativa trasformazione del linguaggio. Dall'epica di un realismo dagli accenti nazional- popolari si sviluppa una figurazione nuova che lascia margini assai più ampi alla riflessione esistenziale e intimista, riflettendo, ma in termini adesso ben più mediati, i problemi di una società che sta rapidamente cambiando ("Nella città", 1960). Progressivamente, la componente lirico- narrativa e fantastica prende il sopravvento, per esprimersi appieno in grandi dipinti come "L'ape regina" (1967-68), "L'amore gentile" (1972-73) e "Metamorfosi" (1976), che si caratterizzano per la ripresa e la rielaborazione di temi già affrontati (il ritratto, il paesaggio, la natura morta) secondo modi ora accentuatamente visionari. "Un popolo di volti", dipinto nell'arco di sei anni tra 1969 e 1975, continua, d'altronde, la linea della pittura di impegno civile, adeguandola però a un'espressività quasi "caricata", ormai lontana dal realismo degli anni Cinquanta. Negli ultimi lavori citati, dipinti a olio, Treccani ha elaborato un'immagine di natura che è diventata una sorta di modello per la serie delle siepi, iniziate nei primi anni Settanta e per lo più dipinte con colori acrilici. Il riferimento alla tecnica usata è in questo caso importante, perché contribuisce a chiarire l'evoluzione verso una sorta di nuovo informale, fondato sulla concitazione esecutiva di una pittura fatta gesti veloci, concentrati, che trascrivono sulla tela un rapporto con la realtà fortemente orientato dalla condizione inferiore. In tali lavori l'artista esegue di getto, ormai a memoria, schemi formali e strutture lentamente precisati nei precedenti dipinti a olio (in certo senso come il musicista che ha costruito un brano dalle solide regole armoniche per poi eseguirlo secondo un'infinità di variazioni). L'acrilico, che asciuga in poco tempo e permette la rapida sovrapposizione degli interventi, senza alterazione dei valori cromatici, è la condizione tecnica di tale pittura, che sempre più assume i caratteri di una vera e propria scrittura per immagini. Un nucleo di 179 opere grafiche (164 disegni e 15 incisioni) costituisce un supporto insostituibile per una corretta lettura degli stessi dipinti, per l'individuazione di temi e di soggetti ricorrenti e per la ricostruzione dei concreti processi di elaborazione formale dell'immagine. Anche la raccolta dei disegni copre esaurientemente l'intero arco dell'attività dell'artista, a partire dalle "Maternità" del 1944 e da uno scelto nucleo di disegni di Melissa dei primi anni Cinquanta, per concludersi con un consistente gruppo di studi recentissimi. In relazione al disegno - di cui per certi aspetti condivide i modi esecutivi, legati alla rapidità quasi automatica del gesto - deve essere considerata la scultura, qui rappresentata da 14 pezzi (in bronzo e in ceramica) tra i quali vanno annoverati lavori importanti e impegnativi come "Giulio", del 1948, e "La madre", del 1974-75. E ancora si ripropone, accanto al carattere immediatezza espressiva specifico della sua plastica, quella sostanziale fedeltà a una linea di incantato naturalismo che costituisce il dato di fondo, unificante, di tutto il lavoro artistico di Treccani. (dal Catalogo della Collezione Studio Treccani)